Se andate a Pollenzo vengo anch'io, - disse Ugo. Lasciarono la piazza e presero una strada buia, dall'asfalto corroso. Le biciclette saltavano nelle buche provocando scossoni. Ma finì presto. A una curva si trovarono davanti la discesa per Pollenzo. La infilarono a gran velocità, distaccati l'uno dall'altro.
Ugo non toccò il freno, si lasciò andare nel buio fresco, come un proiettile, finchè sentì il vento della corsa ronzargli nelle orecchie. Aveva superato gli altri, arrivato alla curva si piegò tutto per non uscire violentemente di strada, riuscì appena a mantenere l'equilibrio.
La strada per Pollenzo, ritornata pianeggiante, passava attraverso gli orti, l'acqua brillava oscura nella notte in righe perfette tra i bassi filari delle verdure, mandava odore di terra fradicia, di erbe maceratre, di zolfo. Luccicavano le distese dei vetri di serra su tratti rettangolari seminati di fresco e i cani abbaiavano furiosi nei casotti degli ortolani. Era una conca senza vento, protetta sa oscuri fianchi di colline, al fondo spiccava nero ilo bosco della riserva di caccia, circondato da un muro giallastro.
Ugo sentì gli altri alle spalle, rallentò lasciandosi raggiungere. La stradetta si era fatta polverosa, filava diritta verso un paese che mostrava sempre più in rilievo la sua sagoma contro il lontano muro di cinta della riserva.
Giovanni Arpino
da "Gli anni del giudizio"