voci dal parcovisitare il parcogli autoriil paesaggiohome page

parco paesaggistico letterario langhe monferrato roero > personaggi di spicco > roberto longhi > longhi nel ricordo di federico zeri

Roberto Longhi (1890-1970), storico e critico d'arte

Roberto Longhi nel ricordo di Federico Zeri

Così Federico Zeri, nella sua opera Orto aperto del 1990, ricorda il suo primo incontro con Roberto Longhi:

«La prima cosa che conobbi di Roberto Longhi fu una copia dell'Officina Ferrarese che Antonino Santangelo si teneva stretta al fianco quando gli fui presentato, nel 1943, in una piccola galleria di via Piemonte a Roma. La fisionomia di Santengelo la riconobbi subito, ero rimasto colpito dal bellissimo ritratto dipinto da Renato Guttuso, e che avevo visto in una Quadriennale qualche tempo addietro.

Mi incuriosì molto il libro che egli teneva stretto, quasi temesse di perderlo o che gli venisse rubato, sistemandolo di quando in quando sotto l'ascella col suo fare furtivo, di congiurato che teme l'arresto da un momento all'altro. Il titolo del volume, Officina Ferrarese, mi si impresse nella mente, così che qualche sera dopo lo citai, chiedendo che libro mai fosse, in casa di Antonio Pietrangeli (già sceneggiatore, ma non ancora regista) che abitava a due passi da me, in via di Villa Massimo.

Era presente, tra gli altri, Umberto Barbaro, che, udito quel titolo, fece una faccia molto strana. Io non sapevo allora che la moglie dell'editore del volume era fuggita con lui, per poi morire di parto in circostanze tragiche: e nemmeno sapevo che, per Barbaro, Roberto Longhi costituiva una sorta di nume, di faro, di vero e proprio idolo cui tutto è dovuto e tutto si perdona, perché gli Dei hanno leggi loro, dalle quali sono esclusi i comuni mortali.

Fu da Barbaro che venni iniziato al culto longhiano: mi descrisse minutamente la casa in via Fortini a Firenze, mi elencò i tipi di automobili che aveva posseduto, il colore delle sue giacche, il carattere dei vari allievi. Entrai dunque in una sorta di iniziazione, né valsero a rendermi prudente le parole di Pietro Toesca, il mio professore universitario col quale dovevo laurearmi, che (quasi parlasse della maga Circe) mi avvertì di stare molto, molto attento nei confronti del Longhi.

Venne l'8 settembre, i lunghi mesi chiuso in casa, l'arresto, la salvezza in extremis (ancora mi meraviglio di non essere finito alle Fosse Ardeatine), lo sconvolgimento totale dell'esistenza; poi l'arrivo degli Alleati, il cercare un lavoro, la laurea infine, ma una grande incertezza per il futuro.
Barbaro lo rivedevo spesso (anche lui abitava a pochi passi da casa mia) e fu lui a presentarmi Giuliano Briganti, che cominciai a frequentare, iniziando una delle rare amicizie che, in quasi mezzo secolo, non si sono mai incrinate.

Fu in casa Briganti, in via Giulia, che incontrai un singolare personaggio, dal quale rimasi immediatamente colpito: disse di chiamarsi Alberto Saibene, mi fece alcune domande su Caravaggio e sulla pittura del Seicento, scherzò, rise, fece giochi di parole, e, soprattutto, mi incuriosì per gli occhi nerissimi, perennemente mobili, e per il colore del viso, non scuro né abbronzato, ma simile alla sfumatura bruna che caratterizza gli zingari e certi indiani.

Era Roberto Longhi, come si rivelò alla fine dell'incontro (il vero Alberto Saibene lo conobbi più tardi, sento ancora la mancanza della sua casa ospitalissima, dei suoi inesauribili interessi di cultura, del gusto sicuro con cui mise su una bellissima collezione, di quelle vere, non basate sui nomi o su expertises).

Dire che restai affascinato da Longhi è poco, egli era uno charmeur senza pari, e la sua scintillante conversazione possedeva un merito rarissimo, quello di sollecitare l'intelligenza degli ascoltatori, di spronarli aprendo nuove prospettive, rivelandosi una sorta di mago del connoisseurship, di sottigliezza, per quei tempi, quasi prodigiosa.

Mi invitò a casa sua, a Firenze: e quando oggi, col mio passo claudicante per l'artrite, ripenso alle camminate dalla stazione fiorentina sino a via Fortini, con due valigie gonfie di centinaia di fotografie (sulle quali passavamo insieme lunghe giornate di ricerche e discussioni, cui debbo la mia ossatura di storico dell'arte e conoscitore), ebbene, posso dire soltanto che è molto triste invecchiare.

 
Roberto Longhi
Biografia

I luoghi di Roberto Longhi

Roberto Longhi nel ricordo di Federico Zeri

Roberto Longhi
(di Vittorio Sgarbi)


La Cappella di Sant'Andrea di Montiglio Monferrato
altri personaggi di spicco

Roberto Longhi

Guido Sacerdote


crediti  |  mappa del sito   |  contatti