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Santo Stefano Belbo in una cartolina di inizio '900

santo stefano belbo in una cartolina di inizio '900

Santo Stefano Belbo è il luogo mito della poesia pavesiana.

Cesare Pavese vi nacque e vi trascorse molto tempo nel periodo della sua giovinezza. Il periodo della spensieratezza, delle illusioni, dei sogni, dei giochi, delle nuotate in Belbo. Il periodo in cui tutto sembra ancora possibile, in cui i problemi che si affacceranno negli anni futuri sono inesistenti.

Pavese nel corso degli anni continuerà ad avere con questo paese un rapporto di confronto, lui cittadino, e la campagna, in una sorta di odio-amore, di differenza e di uguaglianza, espressa nella sua massima forma ne La luna e i falò, nel dialogo tra Anguilla e Nuto.


Io sono un uomo molto ambizioso e lasciai da giovane il mio paese, con l’idea fissa di diventare qualcuno. Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, ma lo attraversa lo stradone principale dove giocavo da bambino. Siccome – ripeto – sono ambizioso, volevo girar tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire alla presenza di tutti: “ Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là”. Certi giorni, studiavo con più attenzione del solito il profilo della collina, poi chiudevo gli occhi e mi fingevo di essere già per il mondo a ripensare per filo e per segno al noto paesaggio.

Cesare Pavese
da "Racconti", vol. II, "La Langa"





Bisogna dire che Santo Stefano, all’imbocco della vallata del Belbo, è un poco la metropoli delle Langhe. Il paese ha su di sé di rappresentare dinnanzi alla provincia di Alessandria che confina, tutti i vanti e le virtù dei contadini retrostanti.

Cesare Pavese
da "Ciau Masino", "La Langa"




Le colline di Santo Stefano Belbo,

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.

Cesare Pavese
da "La luna e i falò"





Le sere di quell’estate, dal balcone di quell’albergo, guardai sovente la collina e pensai che in tutti quegli anni non mi ero ricordato di inorgoglirmene come avevo progettato.

Cesare Pavese
da "Racconti", vol. II, "La Langa"